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Mondragone
La Storia...

"In saltu vestino Synopa dicitur 
graeca urbs fuisse, Sinuessa deinde
ab romanis colonis appellata" .
(Livio, I. X).

L'Età preromana

Recenti studi archeologici, sembrano dimostrare che già 30.000-25.000 anni a.C., gruppi di Homo sapiens sapiens si stanziarono sull'Ager Falernus, ricco di selvaggina e di vegetazione. Altri ritrovamenti di utensili risalgono al neolitico fino all'età del Bronzo Medio. 


     Nel II millennio a.C., gli Indoeuropei discesero la penisola Italiana trasformando etnicamente la sua popolazione e dando origine agli Italici. Già a partire dall'anno 1000 a.C. gli Ausoni-Aurunci, gruppo etnico appartenente ai latini, occuparono gradualmente il basso Lazio e parte delle coste della Campania.


    Nell'VIII sec. a.C., gli Aurunci, detenevano il controllo di tutto l'Ager Vescinus e gran parte dell'Ager Falernus, in particolare la zona costiera. Testimonianza ne è la presenza di resti, risalenti al periodo in questione, di un tempio sito presso la foce del torrente Savone e le fortificazioni italiche ritrovate sul monte Cicoli, utilizzate allora a scopo difensivo dagli agricoltori a valle (Pagus).


     Quando nel 345 a.C., gli Aurunci entrarono, come alleati, a far parte del mondo romano, l'Ager Falernus, divenne zona di confine con la Lega Campana di Capua. Con la Ia guerra sannitica, gli Aurunci, i Campani e gli altri alleati di Roma vi si ribellarono; ma nel 340 a.C. Tito Manlio Torquato li sconfisse in una battaglia presso il Vesuvio e nel 338 a.C. la Campania Felix e l'Ager Falernus, divennero territorio di Roma.


     Negli anni successivi, sull' appennino Campano-Abruzzese, si stanziò il popolo sannita, il quale, con continue incursioni sulle nuove conquiste romane, indusse gli Aurunci a muovere guerra contro Roma. Durante questo scontro, avvenuto nel 314 a.C., il popolo Aurunco, assistette alla totale distruzione di Vescia, città molto importante per gli Aurunci che non venne più ricostruita. Nel 312 a.C. venne costruita la Via Appia per collegare Roma con Capua e proprio per difendere il tracciato dell'Appia e il passo di accesso al Latium adjectum che nel 296 a.C. venne fondata la colonia Sinuessa.

Sinope

"In saltu vestino Synopa dicitur graeca urbs fuisse, Sinuessa deinde ab romanis colonis appellata" .

(Livio, I. X).

      Molti studiosi hanno ritenuto che prima di Sinuessa, fosse esistita una città greca detta Sinope. Il poeta latino Livio parlava, infatti, nei suoi scritti, di una città greca chiamata Sinope; ma considerando che i suoi scritti risalgono a circa due secoli dopo la fondazione di Sinuessa, è quasi certo che, secondo il costume letterario dell'epoca (vedi l'Eneide di Virgilio), il poeta, volesse nobilitare le origini di Sinuessa. Ricerche archeologiche più recenti infatti, hanno evidenziato la mancanza di resti, che giustificherebbero la presenza di un centro abitato antecedente Sinuessa. Inoltre, la colonizzazione greca in Campania è posteriore all'VIII sec. a.C., tanto è vero che la prima colonia, qui dedotta e storicamente accertata, fu Kyme (Cuma), che risale al 740 a.C.. 


     In contemporanea, iniziò la colonizzazione degli Etruschi, i quali nel VII sec. a.C. occuparono tutta la valle del Volturno fondando Capua. Più a Nord vi erano le popolazioni Latine le quali erano sotto l'influenza Etrusca e proprio la presenza di Etruschi e Greci, ambedue le popolazioni in espansione, determinò uno status quo degli insediamenti avviati nell'VIII sec. a.C..

Fra l'VIII sec. a.C. e il 430 a.C., data in cui gli Etruschi vennero sconfitti e assimilati ai Sanniti, Greci ed Etruschi, si fronteggiarono in continue guerre senza ne vincitori ne vinti, dunque nessuna colonia più a Nord di Cuma fu dedotta.


     Infine il nome: "Synopa". Si è spesso identificato questa presunta colonia, come città fondata da popolazioni provenienti dal Ponto; ma la Sinope del Ponto, venne fondata nel 630 a.C. e le sue colonie furono concentrate sulle coste del Mar Nero a partire dal secolo successivo. Per le considerazioni suddette e tenuto conto del fatto che nel VI sec. a.C., in Campania si assiste alla piena ascesa degli Etruschi, sembra da escludere l'ipotesi che ci sia stata una colonizzazione, da parte delle popolazioni del Ponto, sulle coste della contrada, anch'essa, sotto il dominio etrusco.


     Il rigore storico di Livio è poco attendibile a differenza della qualità letteraria che è eccelsa. Sinope è una deduzione erudita che sfrutta l'assonanza dei termini:

SINUS VESCINUS - SINUESSA - SINOPA.

Sinuessa

Nel 296 a.C. venne fondata la colonia Sinuessa, situata a difesa dell'accesso costiero dalla Campania Felix al Latium adjectum. In un primo momento fu difficile trovare coloni disposti a vivere nella nuova città, viste le continue incursioni sannitiche. Dopo la sconfitta definitiva dei Sanniti, un altro nemico rese difficoltosa la vita di Sinuessa: nel 217 a.C. la cavalleria Numida di Annibale, assediò senza successo la colonia e saccheggiò tutto l'agro circostante provocando enormi danni. Infatti tra il 207 e il 191 a.C., essa rifiutò di fornire militari per la guerra ad Antioco di Siria, adducendo come motivazione la difesa dell'agro e quindi il recupero economico della contrada. 


     L'importanza della città nel II sec. a.C., è provata dall'ampliamento delle mura e dalla ristrutturazione del foro nel 174 a.C. ad opera del censore Q. Fulvio Flacco. Questa importanza scaturiva dalla ricchezza della colonia, dovuta alla produzione vinicola e alle acque termali; i nomi Falerno e Acque Sinuessane, iniziarono a circolare a Roma e in tutto il territorio della repubblica. Nel 133 a.C. è teatro di una sanguinosa rivolta di schiavi, domata con l'esecuzione di 4000 rivoltosi.


     Il I sec. a.C. e il I sec. d.C. rappresentano l'apogeo di Sinuessa. La città divenne famosissima tra l'aristocrazia romana che vi costruì numerose ville, mentre, i più grandi poeti, decantano il suo Falerno come tra i vini più pregiati del mondo allora conosciuto. Nel 37 a.C. percorrendo l'Appia, che tagliava in due Sinuessa, vi si incontrarono Mecenate e Orazio con Virgilio, Plazio Tucca e L. Vario, impegnati nel portare la pace tra Ottaviano e Antonio. Nel 54 d.C. il potente liberto Claudio Narciso visita la città; nel 69 d.C. l'ex prefetto al pretorio di Nerone, Ofonio Tigellino è indotto al suicidio su ordine del nuovo imperatore Otone, nello stesso anno Vitellio si impadronisce delle rendite della colonia che dovevano essere notevoli visto che interessavano anche l'imperatore. L'economia sinuessana si avvantaggiò, nel 94 d.C. di un nuovo sbocco, il porto commerciale più grande del Tirreno meridionale, cioè, Puteoli (l'odierna Pozzuoli), con la costruzione della Via Domiziana che collegava le due città.


     Il II sec. d.C., in coincidenza con il massimo sviluppo economico dell'Impero Romano, rappresenta ancora un periodo di splendore per la città e difatti viene effettuata una nuova sistemazione del Foro e continua ad essere meta di riposo degli uomini illustri dell'impero. Tra il 161 e il 180 d.C. Rustico, il maestro dell'imperatore filosofo Marco Aurelio, soggiorna a Sinuessa. Il III sec. a.C. rappresenta l'inizio del declino economico e sociale della città. Plotino, filosofo neoplatonico, tra il 260 e il 268, alloggia in una villa nei dintorni di Sinuessa appartenente a degli amici. Poche notizie si hanno per questo periodo che scompaiono del tutto per il secolo successivo.


     Alcune notizie del IV sec. d.C., ci vengono da fonti ecclesiastiche. Sotto la persecuzione dei cristiani di Diocleziano, tra il 303 ed il 309 d.C., vennero martirizzati il prefetto di Roma Cromario che vi si era rifugiato; il vescovo di Sinuessa San Secondino e quello di Sessa San Casto. In questo caso, le notizie sono poco affidabili data la mancanza assoluta di documenti episcopali della Diocesi di Sinuessa che certamente esistette ma della quale nulla ci è pervenuto. Sicuramente falso, è il presunto Concilio Sinuessano. La città dovette subire certamente il saccheggio dei Visigoti di Alarico nel 410 d.C.; dopo il sacco di Roma, questi scesero la penisola attraverso l'Appia e quindi era inevitabile l'impatto con Sinuessa. I resti archeologici mostrano un abbandono del sito a partire dalla fine del III secolo, mentre sono assenti del tutto per il IV sec.

L'alto Medioevo

A partire dal IV secolo scende il buio sulla storia dell'agro Falerno; si può solo supporre ciò che avvenne e questo fino al XII secolo, quando documenti scritti e tracce archeologiche ne testimoniano la ripresa. 


     Dopo il saccheggio dei Vandali del 455, Sinuessa venne completamente e definitivamente abbandonata dall'aristocrazia; solo alcuni gruppi di piccoli proprietari terrieri, coloni e schiavi, restavano nel contado della città intorno alle ville a formare quei primi nuclei della futura economia curtense. Cosi man mano Sinuessa scompariva sotto le dune e le sue mura diventavano rifornimento di materiali da costruzione. Nel 534 Giustiniano, Imperatore Romano d'Oriente, muove guerra agli Ostrogoti, dominatori in Italia dal 492; fu un periodo nefasto, i saccheggi, gli incendi, la peste (541-544) ridussero la popolazione della penisola in modo considerevole. Quando le truppe bizantine sconfissero l'ultimo esercito ostrogoto nel 554, il contado sinuessano restò disabitato; la selva e le paludi occuparono tutta la pianura tra il Volturno e l'estremità sud-occidentale del gruppo montuoso Massicano, mentre i boschi ne ricoprivano le pendici rendendo impercorribili l'Appia e la Domiziana.


     Tra il 590 e il 600 i Longobardi occuparono tutta la costa e il rispettivo retroterra tra il Volturno e il Garigliano, incassati tra i Bizantini di Gaeta e Napoli. Nella prima metà dell'VIII sec. d.C. Romoaldo II Duca di Benevento, elevò il Castrum Carinolum a Gastaldato e da allora tutto l'agro Falerno divenne parte integrante della storia di Carinola. Nell'VIII sec., dopo la sconfitta dei Longobardi con i Franchi (774), aumentò la tendenza alla disgregazione del Ducato di Benevento, i vari Signorotti aumentarono le loro pretese autonomiste, ingaggiando innumerevoli guerre tra loro e con i ducati Bizantini ricorrendo (sia Longobardi che Bizantini) ai Saraceni che addirittura fondarono una colonia alla foce del Garigliano. Questa anarchia, determinò il fenomeno dell'incastellamento: è probabile che proprio tra il IX e il X sec. d.C., i Gastaldi di Carinola abbiano fatto costruire sulla vetta del monte Petrino un maniero, senza però che esso favorisse la nascita di un agglomerato urbano sul monte. Forse qualche gruppo di coloni venne mandato dai propri Signori, a prendere possesso dei nuovi territori utilizzati fino ad allora come riserva di caccia. Nel 915 i Saraceni vennero cacciati dalla loro base sul Garigliano e nel ritirarsi compirono vari saccheggi compreso il territorio dell'agro Falerno. Nel 991 il Principe di Capua Landenolfo e sua madre Aloara, accompagnati dal Gastaldo di Carinola, vennero alle acque Sinuessane.


     Nel 1064 il Gastaldato di Carinola venne conquistato dal normanno Riccardo I Drengot e dal figlio Giordano I; dopo la conquista, il maniero sul monte Petrino venne ampliato diventando una Rocca e in questo periodo prese il nome di Rocca Montis Dragonis, anche se tale nome compare in documenti solo a partire dal secolo XII. Come si arriva a questa denominazione non è chiaro, si potrebbe pensare anche che esso derivi da Drengot: ROCCA DRENGOT - ROCCA DRAGONIS - ROCCA MONTIS DRAGONIS.

Il basso Medioevo

 Morto Giordano I Drengot, nel 1090, successe Riccardo II e suo figlio Gionata I, Conte di Carinola e amico del vescovo della città, S. Bernardo, con il quale nacque nel 1098 la diocesi carinolese della quale fece parte il territorio della Rocca. A questo periodo dovrebbe risalire la fondazione del villaggio di Cenito o Petrinum. Nel 1106, morto Gionata I senza eredi, i domini passarono ai Principi di Capua e Conti di Aversa; tra il 1127 e il 1139 il conflitto che coinvolse Roberto II Pricnipe di Capua e Conte di Aversa (appoggiato dal Papa e dal Duca di Napoli), e Ruggiero I Re di Sicilia, comportò l'occupazione della Rocca da parte di quest'ultimo; Ruggiero nominò suo figlio Anfuso Principe di Capua e poco dopo fece eseguire dei lavori di fortificazione sulla Rocca. Nel 1154, la Rocca fu presa da Riccardo dell'Aquila Conte di Fondi, che, in un primo momento era ostile al Re di Sicilia, ma successivamente fu lo stesso Re che gli confermò i domini. 


     Sotto il Re Guglielmo II il Buono, la Rocca entrò a far parte della diocesi di Teano insieme a Carinola e a Sessa Aurunca (1170 ca.). Durante la guerra tra Enrico VI Hohenstaufen e Tancredi d'Altavilla, la Rocca cade nelle mani di quest'ultimo che l'affidò ad Anneo di Rivomatricio, ma, nel 1192, venne assediata da Diopoldo Conte d'Arce e luogotenente di Enrico VI; la Rocca non cedette e Diopoldo escogitò uno stratagemma: fece finta di ritirarsi e il giorno di S. Ambrogio, festa patronale per gli abitanti di Rocca Montis Dragonis, mandò in processione penitenziale i suoi soldati camuffati da monaci, in quanto, tali processioni, per quella festa, erano abituali. I castellani, vedendo arrivare questa processione, aprirono le porte del castello, come facevano ogni anno per il 7 Dicembre, ma quell'anno, trovarono una sorpresa: i monaci si rivelarono per quello che erano e conquistarono la Rocca senza colpo ferire. Intanto, anche Enrico VI sconfiggeva gli ultimi normanni, mettendo fine alla loro dominazione e iniziando quella Sveva. E' questo il periodo in cui dovette sorgere il piccolo monastero del "Belvedere", a ridosso delle acque sinuessane, che custodiva una tavola raffigurante una Madonna con Bambino in stile neobizantino; la Madonna raffigurata in questo dipinto, sarà venerata poi col titolo di Maria Incaldana e diventerà patrona di Mondragone.


     Nel 1213, Federico II donò al Papa la Contea di Fondi inclusa Rocca Montis Dragonis, ma nel 1220 essa, insieme a Sessa Aurunca, Teano e Carinola, vennero annesse ai domini regi. Approfittando dell'assenza di Federico, partito per le crociate, le forze papaline assediarono la Rocca che cedette passando sotto il controllo dell'Abazia di Montecassino. Ma nel 1230, Federico ritornò e dopo aver pacificato i suoi rapporti col Papa, riportò tutto come prima: castellano della Rocca ridivenne Anneo ed essa ripassò al demanio regio. Dopo questi eventi venne anche ricostituita la diocesi di Carinola, conservando i confini che aveva prima della sua soppressione. Pochi anni dopo, intorno alla metà del secolo, sorsero i primi nuclei abitati del Casale di Sant'Angelo, oggi uno dei quartieri di Mondragone.


     Nel 1268, Carlo I d'Angiò, sconfisse l'ultimo Re svevo, Corradino, diventando egli stesso, Re di Sicilia e l'anno seguente donò le rendite della Rocca a Filippo di Tessaglia, erede al trono dell'Impero Latino di Costantinopoli; nel 1278 ordina dei lavori di riparazione, visto lo stato delle mura dopo tanti assedi subiti. Tra il 1280 e il 1284, la Rocca appartenne in successione a Guglielmo d'Alneto, Goffredo di Gianvilla e Sergio Siginolfo. Sotto quest'ultimo, la Rocca dovette mantenere anche dei vascelli da trasporto e da guerra per contribuire alla difesa delle coste dalle incursioni aragonesi che già avevano conquistato la Sicilia. Dal 1286 al 1304, Signori della Rocca furono: l'Ammiraglio Ruggiero d'Auria, Guglielmo d'Alneto, Nicola e Federico d'Auria, Mariano d'Auria che la vendette. Durante questo periodo, nacque il Casale di San Nicola e le prime abitazioni (oggi Caprari) di quello che sarà il centro della futura città di Mondragone, mentre il villaggio di Cenito, veniva gradualmente abbandonato.


     Dal 1304 al 1328, la Rocca appartenne alla casa dei Siginolfi; l'ultimo fu Bartolomeo, che tradì il Re Roberto I e per questo venne data a Francesco di Balzo, signore di Teano e di Sessa, Duca di Andria. Nel 1325 venne fondato il monastero di "S. Anna de aquis vivis". Tra il 1330 e il 1373, la tennero le famiglie d'Alneto e Tomacella. Nel 1382, nuovo signore è Francesco Dentice detto Nocella e nel 1391 il Re Ladislao I, la donò a Russo Sannazzaro e a Castelluccio di Marzano, Duca di Sessa. 


     A partire dal 1394, iniziano una serie di conflitti tra i Re di Napoli e i potenti Duchi di Sessa, durante i quali la Rocca con alternanza appartenne alla famiglia Sannazzaro e a quella dei Marzano fino al 1430 quando venne data definitivamente ai Duchi di Sessa. Nel 1458 il Duca di Sessa, in guerra con Ferdinando I d'Aragona, appoggiò il rivale del Re aragonese, Giovanni D'Angiò, che sbarcò presso un piccolo appprodo marittimo all'altezza dell'antica Sinuessa, per unire le sue forze a quelle del Duca Marino Marzano. Dal 1461, il feudo di Rocca Montis Dragonis, passò formalmente alla famiglia Carafa che ne entrò in possesso solo alla definitiva sconfitta di Marino Marzano nel 1464. Intorno al 1480 il feudo comprendeva la Rocca sul monte Petrino, il casale di S.Angelo, il casale di S.Nicola e la Terra Montis Dragonis detta anche Terra Murata, dato che da poco venne cinta da mura. Essa aveva quattro porte: S.Angelo (o Giglio) e S.Nicola, che portavano ai rispettivi casali allora separati dal centro della città; la porta di Mare che portava sulla costa e la Portella, che portava al tracciato dell'antica Domitiana. E' del 1480, all'interno delle mura, la costruzione del convento e della chiesa di San Francesco, dimostrazione di un accrescimento urbano e demografico della borgata che doveva contare circa 1500 abitanti.

L'era Moderna

     Nel primo anno del secolo XVI (1501), Terra di Lavoro entrò a far parte della corona di Francia, ma, Rocca e Terra Montisdragonis, restarono alla famiglia Carafa-Stadera. Proprio sotto questa famiglia, venne edificata, pochi anni prima (1497), una nuova chiesa nel Casale di S. Angelo, dedicata a San Mauro o a S.S. Maria di Montevergine. La riconquista spagnola del 1504, del Regno di Napoli, determinò il declassamento politico del meridione d'Italia, trasformato in Vicereame, ma anche una stabilizzazione politica interna, scossa solo dalle incursioni Turche della prima metà del secolo. 


     Con l'era moderna, la Rocca perde la funzione di centro abitato a favore dei centri a valle, restando solo come presidio militare; tale funzione dovette essersi persa già nella seconda metà del 1500, quando terminate le incursioni turche, il presidio sul monte perse ogni valenza strategica. Nel 1508, il feudo di Sinuessa, comprendente le acque Sinuessane fino alla costa, venne dato al Gran Capitano Consalvo I di Cordoba e annesso al Ducato di Sessa. In questi primi anni del '500, venne costruito il primo nucleo dell'attuale Basilica minore di S.S. Maria Incaldana, intitolato in origine a San Michele e detto "intra moenia" per distinguerlo dalla chiesa del Casale di S. Angelo (San Michele extra moenia). Nel 1534 vi fu il primo attacco al litorale da parte dei Turchi che saccheggiarono anche il monastero del Belvedere; dopo questa prima incursione vennero costruite delle torri di guardia sul litorale, nonché una fortezza nel feudo di Sinuessa, ad opera di Consalvo II (1535).


     Nel 1538, la famiglia Carafa-Stadera, comprò il feudo di Sinuessa e lo aggiunse al Ducato di Mondragone; difatti, si parla di questo ducato in quanto risulta essere uno dei 23 ducati in cui era diviso il Regno di Napoli in quell'epoca. Tra il 1543 e il 1552, si susseguirono nuove incursioni turche per cui, si decise il rifacimento delle mura. Nel 1579, diventa Duca di Mondragone: Don Luigi Carafa-Stadera, Grande di Spagna, Principe del Sacro Romano Impero, Conte di Fondi e di Carinola, Duca di Traetto che accentra in se il dominio su un vasto territorio del Vicereame di Napoli. Alla sua morte, nel 1630, ereditò i vasti domini la nipote Anna, che sposò il Duca di Medina Filippo Ramiro di Gusman divenuto nel 1637 Viceré di Napoli. E' in questo secolo che i Carafa-Stadera fecero costruire un palazzotto a ridosso della torre quattrocentesca nei pressi del Casale di S. Angelo, che ebbe una funzione di fortino per il piccolo presidio militare del Duca, composto da 10 fanti e 2 cavalieri.


     Il 1689, segna la fine della signoria dei Carafa sul ducato di Mondragone, l'ultimo rappresentante, Don Nicola Carafa-Stadera-Gusman, muore senza eredi; la Corte di Madrid, ne ordina la vendita all'asta, che viene conclusa con l'acquisto da parte di Marc'Antonio Grillo, Marchese di Clarafuentes, per 550.000 ducati: era l'anno 1690. Il nuovo Duca fece restaurare e ampliare il palazzo Ducale e contemporaneamente fece costruire la chiesetta del Giglio. Nel 1702, moriva a Mondragone, nel palazzo vescovile, il Vescovo di Carinola S.E.M. Paolo Ayrola. Nel 1722, venne fondata la congregazione del Giglio e quattro anni dopo, il Viceré ordinò di portare dentro le mura, la chiesa di San Rufino. Nel 1743, Filippo Agapito Grillo, figlio di Marc'Antonio Grillo, dopo aver pagato i debiti dei Carafa e del fisco, divenne unico e definitivo Duca di Mondragone.


     Dal 1783, la città fu amministrata dal Decurionato, sottoposto ad un governatore del Duca. Sul finire del '700, venne fatto l'ultimo rifacimento delle mura, ormai dirupe; venne costruito il palazzo signorile della potente famiglia Tarcagnota e la Cappella del Carmine. Con la rivoluzione francese, anche in Italia, sorgono le repubbliche al posto delle monarchie e nel 1799 nasce la Repubblica Napoletana; ma il potere feudale resta immutato. Nel 1805 Gioacchino Murat divenne Re di Napoli e l'anno successivo, vengono emanate le leggi sull'evasione feudale; l'ultimo Duca di Mondragone, Domenico Grillo, perde tutti i privilegi e i poteri sulla città, che, da questa data si amministrerà da sola.


Gytheum